Cenni interpretativi sulle analisi di genetica

 
 
  Cenni interpretativi sulle analisi di citogenetica
 
 
Il cariotipo umano normale delle cellule somatiche contiene 46 cromosomi, suddivisi in 23 coppie, 22 coppie di autosomi ed 1 coppia di gonosomi, dai quali dipende la differenziazione del sesso.
 
Nel maschio i 2 gonosomi sono diversi per forma e dimensioni e sono indicati con la formula XY, nella femmina invece sono simili tra loro e sono indicati con la formula XX. Le altre coppie sono numerate in maniera progressiva dall'1 al 22, secondo una convenzione internazionale (International Standing Committee on Human Cytogenetic Nomenclature 1995: ISCN, 1995). Ogni coppia è rappresentata da due cromosomi simili (detti omologhi), mentre le varie coppie differiscono tra loro per struttura e grandezza.
 
Il braccio corto di un cromosoma è definito "p" e quello lungo "q". Ogni braccio è suddiviso in regioni, classificati con numeri progressivi a partire dal centromero verso l'estremità del braccio corto e del braccio lungo. Ogni regione è suddivisa in bande ed in sottobande, classificate anch'esse con numerazione standardizzata a partire dal centromero. Viene riportato, come esempio, il diagramma del cromosoma 1 umano,  a sinistra ad una risoluzione di 400 bande per set aploide, e a destra ad una risoluzione di 850 bande per set aploide.
 
Analisi citogenetica costituzionale
 
I cromosomi vengono studiati in metafase, colorati con coloranti idonei, osservati al microscopio, fotografati e classificati in base alle dimensioni ed alle caratteristiche rilevate con il bandeggiamento. Si ottiene in questo modo la ricostruzione fotografica del cariotipo. Il cariotipo, cioè l'assetto cromosomico di un individuo, viene formulato utilizzando la simbologia standardizzata dall'ISCN. La descrizione comprende: il numero dei cromosomi della cellula, la formula dei cromosomi sessuali, ed eventuali anomalie. Un cariotipo femminile normale è descritto come 46,XX e un cariotipo maschile normale come 46,XY (si riporta come esempio un cariotipo maschile normale in bande Q).
 
Il referto di citogenetica contiene la descrizione del cariotipo del paziente, che può risultare di complessa interpretazione, soprattutto se patologico ed ancor più se sono presenti riarrangiamenti strutturali complessi o più linee cellulari. L'interpretazione dei risultati viene facilitata se si prendono in considerazione separatamente le sue parti componenti. Per prima cosa occorre stabilire se sono presenti una o più linee cellulari. Nel primo caso il cariotipo è omogeneo, nel secondo è a mosaico. Quando è presente un mosaicismo, alla descrizione del cariotipo viene anteposta la sigla mos e i cariotipi delle singole linee cellulari sono separati dalla barra (/). La prima voce che  viene riportata nel cariotipo è il numero di cromosomi osservati (corrispondente al numero dei centromeri), seguito da una virgola (,) e dalla formula dei cromosomi del sesso (XX = femmina; XY = maschio). Se sono presenti anomalie cromosomiche, queste vengono riportate dopo la formula dei cromosomi del sesso, usando le abbreviazioni od i simboli specifici che le distinguono (vedere tabella seguente). Le anomalie vengono riportate in un ordine anch'esso specifico: le anomalie dei cromosomi del sesso vengono elencate per prime, seguite dalle anomalie degli autosomi ordinate secondo il loro numero progressivo. Per ciascun cromosoma descritto, le anomalie numeriche vengono riportate prima delle strutturali e queste ultime vengono elencate in ordine alfabetico, usando le abbreviazioni specifiche per il tipo di alterazione (ad esempio del, der, dic). La virgola (,) separa sempre le singole anomalie descritte per cui, esaminando il cariotipo da virgola a virgola, possono essere interpretate le singole anomalie descritte.
Esaminando in sequenza i componenti di un referto di citogenetica, utilizzando le regole sopra descritte assieme alle abbreviazioni ed ai simboli riportati nella tabella seguente ed agli esempi che seguono, quello che appariva come un'indecifrabile combinazione di numeri e simboli diviene  un metodo conciso ed universale per descrivere il risultato di un'analisi cromosomica.
 
Le abbreviazioni più frequentemente utilizzati per descrivere il cariotipo
 

Abbreviazione

Significato

del

delezione di un tratto di cromosoma

de novo

origine ex novo, in contrapposizione ad ereditato

der

cromosoma derivato da un riarrangiamento

dic

cromosoma dicentrico (con 2 centromeri)

dup

duplicazione di un tratto di cromosoma

i

isocromosoma

ins

inserzione cromosomica

inv

inversione cromosomica

mar

cromosoma marcatore, di origine da determinare

mat

origine materna

mos

mosaico o mosaicismo

p

braccio corto di un cromosoma

pat

origine paterna

q

braccio lungo di un cromosoma

r

cromosoma ad anello (ring)

t

traslocazione

/

simbolo che separa le linee di un mosaico

+/-

prima del numero di un cromosoma indicano acquisizione o perdita di quel cromosoma.  (+/- non vengono utilizzati per indicare acquisizione o perdita dei cromosomi del sesso)

 
Esempi di cariotipi anomali e loro interpretazione
 

Cariotipo

Significato

47,XX,+21

Cariotipo femminile (XX) a 47 cromosomi (47), per la presenza di un cromosoma 21 sovrannumerario (+) (Sindrome di Down)

47,XY,+21

Cariotipo maschile (XY) con cromosoma 21 sovrannumerario (+)

45,X

Cariotipo con monosomia del cromosoma X, solitamente associato alla sindrome di Turner

47,XXX

Cariotipo con trisomia del cromosoma X

47,XXY

Cariotipo con costituzione XXY dei cromosomi del sesso, associato alla sindrome di Klinefelter

46,XY,t(1;3)(p32;q12)

Cariotipo maschile in cui è presente una traslocazione (t) coinvolgente un cromosoma 1 ed un cromosoma 3. I punti di rottura della traslocazione sono localizzati a livello della banda 32 sul braccio corto (p) del cromosoma 1 ed a livello della banda 12 del braccio lungo (q) del cromosoma 3.

46,XY, del (5p)

Cariotipo maschile in cui è presente una delezione (del) del braccio corto (p) di un cromosoma 5. (Sindrome del cri-du-chat)

46,XX, del (1)(p32.2)

Cariotipo femminile in cui è presente una delezione (del) di parte del braccio corto (p) di un cromosoma 1, a livello della regione 3, nella banda 2, sottobanda 2.

45,XY,der(13;14)(q10;q10)mat

Cariotipo maschile con cromosoma derivativo (der), costituito dal braccio lungo del cromosoma 13 e dal braccio lungo del cromosoma 14, che ha sostituito un cromosoma 13 ed un cromosoma 14. La rottura e la riunione sono avvenute a livello delle bande q10, corrispondenti al centromero. Il cromosoma derivativo è stato ereditato dalla madre (mat).

46,XY,der(13;21)(q10;q10)pat,+21

Cariotipo maschile con cromosoma derivativo (der) ereditato dal padre (pat), costituito dal braccio lungo del cromosoma 13 e dal braccio lungo del cromosoma 21, ma poiché sono comunque presenti due copie del cromosoma 21, il risultato è la presenza di   un 21 sovrannumerario.(Sindrome di Down per trisomia 21 secondaria a traslocazione).

mos 45,X/46,XX

Cariotipo a mosaico (mos) per la presenza di 2 linee cellulari, una con monosomia del cromosoma X ed (/) una a cariotipo normale.

 
Nell'immagine un cariotipo 47,XX,+21, cariotipo femminile a 47 cromosomi per la presenza di un cromosoma 21 sovrannumerario (freccia), causa della Sindrome di Down.
 
Nell'immagine un cariotipo 45,XY,der(13;14)(q10;q10)mat, cariotipo maschile con traslocazione Robertsoniana tra il braccio lungo del cromosoma 13 ed il braccio lungo del cromosoma 14. Il cromosoma derivativo così formato (freccia) ha sostituito un cromosoma 13 ed un cromosoma 14. Le traslocazioni Robertsoniane prendono il nome dal ricercatore che per primo le descrisse. Originano dalla fusione di due cromosomi acrocentrici (cromosomi il cui centromero si trova ad un'estremità) ed hanno una frequenza di circa 1:1.000 nella popolazione. L'assetto cromosomico risultante è a 45 cromosomi. I portatori di queste traslocazioni sono clinicamente normali, tuttavia sono a rischio di produrre gameti sbilanciati e  prole con trisomie secondarie a traslocazione sbilanciata.
 
Citogenetica delle anomalie cromosomiche acquisite
 
Mutagenesi
 
L'esposizione ad agenti mutageni può indurre mutazioni geniche e/o cromosomiche. L'analisi citogenetica costituisce un parametro indiretto di valutazione delle mutazioni.
 
Citogenetica oncologica
 
Alcuni errori cromosomici "somatici" possono verificarsi nel periodo postnatale ed essere confinati in uno specifico tessuto. Questa situazione è caratteristica dei tumori, che di solito hanno un corredo cromosomico anomalo rispetto a quello presente costituzionalmente nella persona in cui si sviluppano. L'esempio più noto di anomalia cromosomica acquisita è il cosiddetto cromosoma Philadelphia (o Ph') riscontrato nelle cellule del midollo osseo nel 90% dei pazienti con leucemia mieloide cronica. Il cromosoma Ph' è il prodotto di una traslocazione reciproca di parte del braccio lungo di un cromosoma 22 sul braccio lungo di un cromosoma 9. La nomenclatura adottata per descrivere le anomalie cromosomiche nei tumori è inserita in un apposito capitolo dell'ISCN, 1995. La formula usata per descrivere le anomalie cromosomiche è identica a quella utilizzata per la citogenetica tradizionale e molecolare, a cui si aggiungono con alcuni simboli specifici.
 
Le abbreviazioni più frequentemente utilizzate per descrivere il cariotipo nei tumori
 

Abbreviazione

Significato

del

delezione di un tratto di cromosoma

der

cromosoma derivato da un riarrangiamento

t

traslocazione

/

simbolo che separa le diverse linee cellulari (cloni)

+/-

prima del numero di un cromosoma indicano acquisizione o perdita di quel cromosoma. (+/- non vengono utilizzati per indicare acquisizione o perdita dei cromosomi del sesso)

[ ]

Tra parentesi quadre si inserisce il numero di metafasi analizzate

c

Anomalia cromosomica costituzionale, la lettera "c" segue la descrizione della anomalia

 
Esempi di cariotipi anomali osservati in tumori e loro interpretazione
 

Cariotipo

Significato

46,XY,t(9;22)(q34;q11)[21]

Cariotipo tumorale in cui è presente una traslocazione (t) coinvolgente un cromosoma 9 ed un cromosoma 22. I punti di rottura della traslocazione sono localizzati a livello della banda 34 sul braccio lungo (q) del cromosoma 9 ed a livello della banda 11 del braccio lungo (q) del cromosoma 22. Questo assetto cromosomico è stata osservato in 21 cellule. L'anomalia osservata è presente nel 90% dei pazienti con leucemia mieloide cronica.

46,XY,t(9;22)(q34;q11)[21]/46,XY [12]

Cariotipo tumorale in cui sono presenti due cloni: a) in uno è presente la traslocazione (t) coinvolgente un cromosoma 9 ed un cromosoma 22. I punti di rottura della traslocazione sono gli stessi dell'esempio precedente. Questo assetto cromosomico è stata osservato in 21 cellule. b) Il secondo clone ha un corredo cromosomico normale (46,XY) ed è stato osservato in 12 cellule.

47,XXYc,t(9;22)(q34;q11)

Cariotipo in cui è presente anomalia numerica costituzionale (cromosoma X extranumeriario = 47,XXYc) ed un'anomalia cromosomica acquisita, la t (9;22) già descritta negli esempi precedenti

 
Sono oggi noti oltre 100 riarrangiamenti cromosomici caratteristici di diversi tipi di tumori.
 
Alcuni esempi di tumori associati ad anomalie cromosomiche non casuali
 

 

Anomalia/e comune/i

Leucemie

 

Leucemia mieloide cronica

t(9;22)(q34;q11)

Leucemia acuta mieloblastica

t(8;21)(q22;q22.2)

Leucemia acuta promielocitica

t(15;17)(q22;q11.2-12)

Leucemia acuta non linfoide

+8, -7, -5, del(5q), del(20q)

Tumori solidi

 

Linfoma di Burkitt

t(8;14)(q24;q32)

Sarcoma di Ewing

t(11;22)(q24;q12)

Meningioma

-22

Retinoblastoma

del(13q14)

Tumore di Wilms

del(11p13)

 
Questi esempi documentano l'importanza della caratterizzazione citogenetica dei tumori, che consente spesso diagnosi più precise o più precoci e può orientare scelte terapeutiche più razionali.
 
 
  Cenni interpretativi sulle analisi di citogenetica molecolare
 
 
Con l'avvento delle tecniche di Citogenetica molecolare si è reso necessario aggiornare la nomenclatura idonea a descrivere i cariotipi, per rappresentare in maniera adeguata i risultati ottenuti con le tecniche di FISH.
 
I simboli più frequentemente utilizzati per descrivere il cariotipo ottenuto dopo applicazione di tecniche di FISH
 

Simbolo

Significato

+/-

presenza / assenza del segnale di ibridazione su di uno specifico cromosoma

++

duplicazione del segnale su di uno specifico cromosoma

x

segno di moltiplicazione, che precede il numero dei segnali osservati

.

"punto". separa il risultato ottenuto in citogenetica tradizionale dai risultati ottenuti dopo l'applicazione della fish

;

"punto e virgola". Separa le singole sonde sui diversi cromosomi derivativi

ish

ibridazione in situ (in situ hybridization) su cromosomi metafasici

nuc ish

ibridazione in situ (in situ hybridization) su nuclei interfasici

pcp

painting cromosomico parziale

wcp

painting cromosomico totale

 
Quindi, se è stato eseguito un cariotipo con l'impiego di tecniche tradizionali, va riportato il risultato del cariotipo seguito da un punto (.), a cui segue l'abbreviazione ish ed il risultato ottenuto con la FISH. Se l'analisi citogenetica standard non è stata eseguita, ma si sono applicate solo tecniche FISH allora si riporta nella descrizione del cariotipo ish seguito dal risultato ottenuto.
 
I risultati ottenuti con tecniche FISH su cromosomi con anomalie di struttura vengono espressi con il simbolo ish seguito dal simbolo dell'anomalia strutturale osservata (ad esempio del, dup, t ,eccetera) a cui segue fra parentesi il/i cromosoma/i implicato/i nel riarrangiamento, seguito dalla localizzazione dei punti di rottura del riarrangiamento anch'essi tra parentesi ed infine segue il/i locus/i riconosciuto/i dalla/e sonda/e utilizzata/e. Il locus è designato secondo il Genome Data Base (GDB), la sigla con cui viene descritto consiste nella lettera "D" (da DNA), seguita dal numero del cromosoma a cui esso è assegnato, dalla lettera "S" (da Segment cioè segmento) e dal numero assegnato dal GDB alla sonda molecolare. Per esempio D15S10 indica il decimo segmento di DNA assegnato al cromosoma 15.
Il locus viene scritto in maiuscole ed i singoli loci sono ordinati a partire dalla regione del braccio corto più lontana dal centromero (regione distale) verso il centromero ed il braccio lungo. I singoli loci sono tra loro separati da virgole e lo "stato" del locus (assente o presente) è scritto immediatamente dopo il locus: presente +, assente -.
 

Cariotipo

Significato

46,XY.ish del (15)(q11.2q11.2) (D15S10-)

 

 

Cariotipo maschile, rilevato attraverso l'uso di tecniche di citogenetica standard (46,XY), in cui l'analisi FISH (ish) ha identificato una microdelezione (del) sul cromosoma 15 nella regione critica per la sindrome di Angelman (q11.2q11.2) con l'impiego di una sonda per il locus D15S10. Il simbolo - indica l'assenza del segnale di ibridazione su uno dei 2 cromosomi 15. (Il sospetto diagnostico di sindrome di Angelman in questo caso è confermato).

46,XX.ish 15q11.2 (SNRPNx2)

 

Cariotipo femminile, rilevato attraverso l'uso di tecniche di citogenetica standard (46,XX), in cui l'analisi FISH (ish) ha permesso di escludere una microdelezione sul cromosoma 15 nella regione critica per la sindrome di Prader-Willi (q11.2) con l'impiego di una sonda per il locus SNRPN. Il simbolo x2 indica infatti la presenza del segnale di ibridazione su entrambi i cromosomi 15.

 
Esempi di metafasi analizzate in  FISH e provenienti dai due casi della tabella precedente sono riportati nelle due immagini che seguono:
analisi in FISH di sindrome da microdelezione (Sindrome di Angelman, AS). Sul cromosoma 15 normale (freccia gialla) sono evidenti i segnali di ibridazione sia nella regione di controllo (subtelomerica) sia nella regione AS. Il cromosoma deleto (freccia verde) mostra solo il segnale di controllo, indicando una microdelezione a livello del locus della sindrome di Angelman.
analisi in FISH di sindrome da microdelezione (Sindrome di Prader-Willi, PWS). Su entrambi i cromosomi 15 sono evidenti i segnali di ibridazione sia nella regione di controllo (frecce gialle) sia nella regione PWS (frecce verdi). Ciò indica la presenza della regione critica per la sindrome su entrambi gli omologhi e quindi  l'assenza della microdelezione.
 
Problematiche associate all'interpretazione dei risultati nella diagnosi prenatale
 
La diagnosi citogenetica prenatale, benché ampiamente utilizzata, pone alle volte il citogenetista di fronte a risultati ambigui e che richiedono una buona esperienza per essere risolti.
L'ambiguità del risultato può dipendere:
→ dalla contaminazione del campione con cellule di origine materna. In tal caso crescono in coltura tanto cellule fetali che materne, quindi due diverse linee cellulari, potenzialmente non distinguibili se il feto ha cariotipo anch'esso femminile (46,XX), mentre sono facilmente evidenziabili se il feto ha sesso maschile (46,XY).  Nel caso  poi una delle linee sia patologica (ad esempio 47,XX,+21) mentre l'altra normale (46,XX), l'interpretazione del risultato si complica ulteriormente, dovendo discernere tra la presenza di entrambe le linee cellulari nel cariotipo fetale (mos 47,XX,+21/46,XX) o la presenza di un'unica linea cellulare patologica nel feto (47,XX,+21) e la contemporanea presenza in coltura di cellule materne (46,XX);
→ dalla presenza di una seconda linea cellulare originata da una mutazione insorta in vitro e non presente pertanto nel cariotipo fetale. E' indispensabile discriminare tra  mosaicismo vero ed artefatto di coltura (pseudomosaicismo), in quanto le implicazioni cliniche per il feto sono diametralmente opposte (feto affetto da patologia cromosomica o feto sano, rispettivamente). Questi risultati si possono osservare dopo coltura a medio termine di amniociti o di cellule del citotrofoblasto;
→ dalla presenza di un mosaicismo confinato alla placenta (CPM, da Confined Placental Mosaicism), che non riflette il cariotipo fetale. Nell'1% dei campioni analizzati dopo preparazione diretta dei villi coriali ad esempio si possono ottenere, come conseguenza di questo fenomeno, risultati falsi positivi o falsi negativi.
 
Il CPM è definito come una discrepanza tra il cariotipo fetale e la costituzione cromosomica della placenta, sulle cui cellule viene analizzato il cariotipo. Quindi, seppur in un numero limitato di casi, l'analisi citogenetica dei tessuti placentari può non essere rappresentativa del cariotipo fetale. L'esito di gravidanze in cui sia stato diagnosticato un CPM varia da normale a presenza di grave ritardo della crescita intrauterino. Vari accorgimenti e controlli, nonché l'eventuale ripetizione dell'analisi su di un altro tessuto, consentono di differenziare tra mosaicismi veri ed artefatti di coltura, o tra CPM e mosaicismo presente nel cariotipo fetale.
 
Sempre inerente la tematica dell'interpretazione dei risultati in diagnosi prenatale è il problema della correlazione, in situazioni particolari, tra cariotipo fetale osservato e implicazioni fenotipiche incerte. In sintesi, a fronte di un corretto risultato diagnostico, non sempre è possibile predire il quadro fenotipico corrispondente ad un determinato cariotipo. E' questo il caso di riscontro nel cariotipo fetale di anomalie cromosomiche strutturali sbilanciate, oppure apparentemente bilanciate ma insorte de novo, di piccoli cromosomi sovrannumerari. In queste circostanze viene attribuito un rischio empirico di patologia e, nella maggior parte dei casi, non può essere predetto un fenotipo caratteristico.
 
 
  Cenni interpretativi sulle analisi di genetica molecolare
 
 
Il referto è in genere composto da tre sezioni che indicano nell’ordine :
→ le tecniche molecolari utilizzate per l'identificazione dei difetti genetici responsabili delle differenti sindromi;
→ i risultati ottenuti dai test eseguiti;
→ il giudizio diagnostico che indica se il paziente risulti o meno affetto dal difetto molecolare sospettato.
 
E' opportuno sottolineare che il risultato dei test molecolari conferma il sospetto clinico nei casi in cui vengano evidenziati i principali difetti molecolari responsabili della malattia. Tuttavia, in presenza di risultato negativo, i test attualmente eseguiti non consentono di escludere al 100% la patologia sospettata. Nel  referto diagnostico indicativo della presenza di un’alterazione genetica, viene consigliata la consulenza con un Medico Genetista.  A scopo esemplificativo, si riporta l’interpretazione dei referti dei test eseguiti per alcune delle sindromi genetiche più note.
 
Sindrome della X fragile
 
L’analisi molecolare identifica il numero di ripetizioni CGG, poste entro il 5’UTR del gene FMR1 (locus FRAXA) ed il numero di ripetizioni GGC nel 5’ UTR del gene FMR2 (locus FRAXE). Si possono distinguere 4 diversi genotipi differenziati  in base al numero di ripetizioni:
→ un numero di CGG compreso tra 6 e 45 (6<CGG<45) indica un genotipo nella norma;
→ un numero di CGG compreso tra 46 e 60 (46< CGG<60) indica un genotipo appartenente alla “zona grigia” che corrisponde ad una condizione a rischio per lo stato di portatrice/portatore;
→ un numero di CGG compreso tra 61 e 199 (61<CGG<199) indica un genotipo “premutato”  che corrisponde allo stato di portatrice/trasmettitore;
→ un numero di maggiore di 200 (CGG>200) indica un genotipo “fullmutato” che corrisponde alla condizione di affetto dalla sindrome.
 
Nella figura sono riportati i risultati dell'analisi molecolare per la sindrome della X fragile. Il test molecolare permette di verificare l’espansione delle triplette ripetute del gene FMR1. Nella parte superiore dell’immagine è evidenziato l'albero genealogico della famiglia studiata; in basso è riportato l’autoradiogramma. La paziente I1 presenta un allele di dimensione normale (5.2 Kb) ed un allele espanso di 6.1 Kb. Il figlio affetto (II1) ha ereditato l’allele espanso mentre il figlio sano (II2) ha ereditato l’allele normale. In un 20% circa di pazienti la condizione di affetto è definita da una combinazione di alleli “premutato” e “fullmutato”, indicativa di un genotipo a “mosaico”. I valori osservati per il numero di triplette  GGC di FMR2 differiscono per i valori dei soggetti sani, variabili tra 6 e 25 GGC, e della zona grigia, variabili tra 26 e 60.
 
Fibrosi cistica
 
La malattia è dovuta a mutazioni puntiformi del gene CFTR. A tutt’oggi sono state descritte più di 400 mutazioni che presentano una diversa distribuzione regionale. I test attualmente in commercio consentono di valutare la presenza di circa 30 mutazioni che permettono l’identificazione del 90% dei portatori di fibrosi cistica nella popolazione dell’Europa Occidentale.  L’esecuzione dell’indagine molecolare permette di identificare:
→ l’assenza di mutazioni che indica lo stato di non portatore delle mutazioni indagate;
→ la presenza di una mutazione in eterozigosi che indica lo stato di portatore sano;
→ la presenza di una mutazione in omozigosi o di due mutazioni in eterozigosi che indica la condizione di affetto.
 
Nella figura sono presentati i risultati dell'analisi molecolare per la ricerca delle mutazioni del gene CFTR (il gene della fibrosi cistica).  Il test molecolare, eseguito con la tecnica della reverse dot-blot, consente di identificare le 29 mutazioni presenti in più del 90% dei portatori nella popolazione dell'Europa Occidentale. Nel paziente numero 1 si osserva la comparsa delle sole bande corrispondenti alle sequenze normali del gene. Il paziente numero 2 risulta eterozigote per la mutazione 2183 poiché presenta sia la banda corrispondente all'allele normale (freccia verde), sia la banda corrispondente all'allele mutato.
 
Sindrome di Angelman e sindrome di Prader-Willi
 
Queste sindromi sono esempi paradigmatici dei meccanismi che determinano alterazioni dell’imprinting quali: → delezione della regione 15q11-q13, → disomia uniparentale, → microdelezioni del centro dell’imprinting. In un soggetto normale, per questa regione è presente un allele materno metilato (imprinted o inattivo) ed un allele paterno non metilato (attivo) che definiscono il pattern di metilazione normale. Il test di metilazione è un test di screening che consente di valutare l’occorrenza di un pattern di metilazione normale o alterato. L’esecuzione di questo test può identificare tre diversi genotipi:
→ presenza di contributo biparentale degli alleli che corrisponde ad un normale pattern di metilazione;
→ assenza del contributo paterno, risultato che indica una diagnosi di sindrome di Prader-Willi;
→ assenza del contributo materno, risultato che indica una diagnosi di sindrome di Angelman.
 
Nella figura sono presentati i risultati del test di metilazione per le sindromi di Angelman e Prader-Willi. Il test molecolare, eseguito mediante amplificazione del gene SNRPN, consente di differenziare l’allele paterno da quello materno. Nel paziente numero 1, come indicato dalle frecce, si osserva la presenza di entrambi gli alleli. Il paziente numero 2 è affetto da sindrome di Angelman in quanto possiede il solo allele paterno, mentre il paziente numero 3  è affetto da sindrome di Prader-Willi in quanto possiede il solo allele materno.
 
Nel caso di un pattern di metilazione alterato, il test non consente di definire quale dei tre possibili meccanismi molecolari sia coinvolto nella sindrome. Per approfondire questo aspetto, che consentirà di stabilire il rischio di ricorrenza della patologia nelle successive gravidanze, si prosegue lo studio con test specifici (analisi del cariotipo e FISH per verificare le delezioni, analisi dei polimorfismi per verificare la presenza di disomia uniparentale, Southern-blot con sonde specifiche per le microdelezioni dell’IC). Bisogna considerare che solo l’80% dei pazienti con sindrome di Angelman ha un pattern di metilazione anomalo. Circa la metà dei rimanenti pazienti presenta mutazioni de novo o di origine materna del gene UBE3A. In questo caso il test molecolare può evidenziare :
→ la presenza di mutazione che conferma la diagnosi clinica;
→ l’assenza di mutazione che esclude le alterazioni di UBE3A come causa della sindrome.
 
Sindrome di Silver-Russel
 
Il 10% di pazienti con sindrome di Silver-Russell presenta disomia uniparentale materna del cromosoma 7 come causa della sindrome. Il test molecolare permette di verificare la trasmissione al probando di entrami i cromosomi 7 parentali. Nel referto sono riportati l’albero genealogico dei soggetti studiati, i marcatori testati ed i rispettivi alleli. Per escludere/verificare l’occorrenza di disomia uniparentale è necessario identificare almeno un marcatore informativo, vale a dire che permetta di distinguere da quale dei due genitori è stato ereditato l’allele. Il risultato del test può indicare:
→ la presenza di  contributo biparentale per il cromosoma 7, escludendo la disomia uniparentale come causa della sindrome;
→ l’assenza del contributo paterno e la presenza di entrambi i cromosomi materni confermando il sospetto diagnostico.
 
Nella figura sono riportati i risultati dell'analisi molecolare per la valutazione della disomia uniparentale del cromosoma 7. Il test molecolare valuta la segregazione allelica di marcatori polimorfici dai genitori al probando. Sulla sinistra è riportato l’ideogramma del cromosoma 7 che indica la posizione dei loci testati. Sulla destra dell’immagine, gli autoradiogrammi indicano che il probando (SRS) ha ereditato entrambi i cromosomi materni (M) e manca del contributo paterno (P). Tale risultato permette la diagnosi di sindrome di Silver-Russell.
 
Microdelezioni del cromosoma Y
 
Alcune forme di sterilità maschile sono dovute a microdelezioni del cromosoma Y che interessano la regione AZF in cui sono stati identificati dei geni coinvolti nel meccanismo di regolazione della spermatogenesi.  L’esecuzione del test molecolare consente di verificare:
→ la presenza di tutti i loci della regione interessata escludendo questo meccanismo come causa di sterilità;
→ l’assenza di uno o più loci della regione AZF confermando questo meccanismo genetico come causa di sterilità.
 
Nella figura sono riportati i risultati dell'analisi molecolare per la ricerca delle microdelezioni del cromosoma Y.  Le figure A,B,C e D riportano il risultato di 4 differenti PCR  amplificanti 18 loci nella regione del cromosoma Y in esame. Sono stati analizzati quattro pazienti. Nei pazienti 1,2 e 3 è evidente l'amplificazione di tutti i loci esaminati. Il paziente numero 4 presenta una delezione che interessa i loci indicati dalle frecce.
 
Emocromatosi
 
In una alta percentuale di pazienti affetti da emocromatosi sono state identificate due mutazioni  (C282Y e H63D)  del gene HLA-H. Il test molecolare permette di verificare:
→ la presenza di entrambe le mutazioni, confermando la diagnosi clinica;
→ l’assenza delle mutazioni o la presenza di una sola di essa, escludendo il sospetto clinico.
Bisogna sottolineare che il test molecolare, che consente di confermare con grande anticipo la presenza delle mutazioni che porteranno all’insorgenza della malattia, ed è quindi un tipico test predittivo, offre un ausilio fondamentale in termini di prevenzione, in quanto permette di attivare per tempo le azioni necessarie per impedire l'insorgenza delle temibili complicanze cui i soggetti vanno incontro.
 
 
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Cenni interpretativi

Ultimo aggiornamento: 20 febbraio 2023

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Bayes
 
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E ora che i test genetici sono alla portata di tutti?
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