Qualità del processo di comunicazionenew

 
"Al mondo ci sono tre tipi di persone: quelle che sanno contare e quelle che non sanno contare.”
(Ian Stewart)
 
 
Se dopo avere letto l’aforisma che apre questa pagina avete sentito che qualcosa vi scattava dentro, e siete tornato a rileggerlo, non abbiate paura. Non siete un pò tonti, e non avete alcuna difficoltà di comprensione. Avete semplicemente risposto ad uno stimolo naturale: avete risposto all’esigenza di riflettere (su una frase tutt’altro che sciocca data la sua capacità di evocare molte idee). Un fatto importante in una società nella quale l’inflazione comunicativa e la comunicazione mediante immagini lasciano sempre meno spazio alla riflessione critica.
 
In questa pagina vorrei riflettere sul miglioramento dell’efficienza e dell'efficacia dei processi di comunicazione tra clinica e laboratorio, l’araba fenice del laboratorio clinico, che è il mio attuale campo di interesse. Se ne parla da sempre, e tutti riconoscono che si tratta di un problema cruciale.
 
Le soluzioni finora proposte sono state tutte fondate sul referto cartaceo più o meno integrato dalla comunicazione personale tra il medico di laboratorio e il clinico: un approccio, quest’ultimo, che manca di efficienza, anche se in singoli specifici casi può essere efficace (ma questo dipende oltretutto fortemente dai due soggetti che interagiscono).
 
Il mio progetto si basa sull’idea che il salto di qualità prossimo venturo dovrà passare attraverso una rivoluzione nelle modalità di comunicazione tra il laboratorio e i suoi “clienti”, che consenta di superare il referto cartaceo “statico” e la necessità del rapporto personale, che tra l’altro risulta anche scarsamente praticabile nelle attuali dimensioni tipiche di un laboratorio clinico. Il passaggio dall’era della staticità del referto, della soggettività e dell’empatia del rapporto interpersonale, all’era della comunicazione dinamica e dell’oggettività, dell’efficienza e dell’efficacia deve essere fondato sull'integrazione tra le moderne tecnologie informatiche, le basi di dati disponibili nei laboratori e l’approccio bayesiano. Il teorema di Bayes svolge un ruolo centrale nel pensiero razionale, consentendo di aggiornare le informazioni sulla base dell’esperienza. Nel campo della diagnostica di laboratorio è il solo strumento in grado di misurare l’informazione che un test di laboratorio fornisce alla diagnosi medica. Se si considera inoltre il processo decisionale  medico, il teorema di Bayes consente di fare un secondo salto di qualità, lasciandosi alle spalle il concetto di “riferimento collettivo” per la diagnosi rappresentato dagli intervalli di riferimento (che rimangono comunque utili e per certi versi necessari, anche se personalmente ritengo che per la loro definizione sia necessario un approccio più pragmatico dell’attuale), e consentendo di affrontare il problema della diagnosi dal punto di vista dell’individuo e della sua unicità di individuo-malato.
 
Per passare dalla teoria alla pratica servono due cose. La prima è la disponibilità on-line della distribuzione dei valori di concentrazione dei vari analiti nei soggetti sani ma soprattutto nelle diverse categorie di malati: una impresa oggi molto difficile, che diverrà quasi banale il giorno che si arriverà alla standardizzazione dei record clinici. La seconda è un algoritmo (bayesiano) che consenta in tempo reale al clinico, direttamente sul suo terminale, di confrontare le distribuzioni di sani e malati e decidere lui, il clinico, i valori soglia tra salute e malattia, perchè solo lui con il paziente davanti e con la sua storia e con la sua clinica, e con le ipotesi diagnostiche che ha in mente, può farlo. In questo modo accadrà una cosa solo apparentemente paradossale, che segnerà per il laboratorio un cambio di paradigma [1]: il laboratorio fornirà dati e regole, rappresentati gli uni dai dati dello specifico paziente e dai dati delle distribuzioni dei valori nei sani e nei malati, e le altre dalle regole (bayesiane) per combinarli, e metterà on-line (con tutti i dovuti riguardi per la riservatezza dei dati sanitari) queste sue competenze, mentre sarà il clinico a generare “in tempo reale” davanti al paziente il referto con l’informazione di laboratorio [sic!].
 
Dato che questo progetto non verrà realizzato da chi opera nel laboratorio clinico (per la strutturale debolezza delle società scientifiche del settore), verrà realizzato dall’industria, che aveva impostato la strategia prima sulla produzione dei reagenti (anni ‘70), poi sulla produzione della strumentazione (anni ‘80), poi sulla produzione di sistemi analitici (reagenti + strumentazione, anni ‘90), infine sul fornire anche il valore aggiunto dell’organizzazione (laboratorio chiavi in mano, primo decennio del terzo millennio). La prossima strategia dell’industria, inevitabile e inesorabile, sarà quella di fornire il pacchetto completo tecnologico-organizzativo-informativo che includerà anche gli strumenti necessari per produrre l’informazione di laboratorio: l’informazione che serve, nel posto in cui serve, nel momento in cui serve (ovviamente con i sistemi analitici, e possibilmente anche con l’organizzazione fornita dalla stessa industria).
 
Tornerò appena possibile ad approfondire questi temi che, mentre da un lato aprono nuovi interessanti scenari, dall’altro lato richiedono un ripensamento del ruolo, delle idee e delle competenze cui il laboratorio clinico sarà chiamato.
 
 
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Comunicazione

Ultimo aggiornamento: 20 febbraio 2023

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Bayes
 
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